Le cose non vanno poi così male


Spesso il tema della sostenibilità viene raccontato come una catastrofe imminente: “il mondo sta per finire”, “siamo sull’orlo del baratro”, “nessuna speranza”. Non che non ci siano rischi reali – ma questa narrativa apocalittica rischia di ammazzare la motivazione, far sembrare che non ci sia via d’uscita.

La buona notizia è che qualcosa si muove sul serio.

I dati lo confermano

  • Secondo uno studio recente condotto da Energy&Strategy – School of Management, Politecnico di Milano, l’Italia attraverso l’economia circolare ha generato un risparmio annuo stimato di 18,3 miliardi € nel 2025 — in aumento rispetto ai 16,4 miliardi del 2024. 
  • Quel risparmio, però, è ancora solo circa il 15% del potenziale stimato per il 2030 (che è di circa 119 miliardi €). 
  • Il grado medio di “maturità” delle imprese italiane nel passaggio a modelli circolari è passato da 2,2 su 5 nel 2024 a 3,1 su 5 nel 2025, secondo lo stesso studio. 
  • Dal lato ambientale, tutti gli indicatori dicono che stiamo facendo passi avanti: ISPRA segnala che nel 2023 l’Italia ha raggiunto un tasso di utilizzo circolare dei materiali del 20,8%, quasi doppio della media UE che è intorno all’11,8%. 
  • Anche la consapevolezza civile cresce: circa il 60% degli italiani dichiara di conoscere il concetto di economia circolare. 
Embed from Getty Images

Dove sta il miglioramento concreto

  • Le imprese iniziano a trattare la circolarità non più come un vezzo etico, ma come opportunità: minore spreco, processi più snelli, costi ridotti.
  • L’efficienza delle risorse (materiali, energia) migliora: già da anni siamo tra i Paesi europei con migliori performance su certi indicatori chiave. 
  • In molti ambiti pubblici e privati la “transizione verde” è diventata piano concreto, non solo slogan: progetti, finanziamenti, strumenti di monitoraggio.
  • E la percezione pubblica — pur non al top — si sposta: non tutti sono ancora practitioner del noleggio, riuso, sharing, ma almeno sanno che queste opzioni esistono.
Embed from Getty Images

Perché serve meno dramma e più realismo

Se continuiamo a raccontare la sostenibilità solo come “o salviamo tutto subito o è la fine”, rischiamo due cose:

  1. Scoraggiare chi vorrebbe fare qualcosa, perché pensa che il problema sia troppo grande per lui.
  2. Passare il messaggio che nulla funzioni, che le azioni individuali siano insignificanti: falso, perché stanno generando cambiamenti reali.

Invece:

  • Abbiamo già una base tangibile su cui costruire.
  • È più utile dire “abbiamo fatto X, possiamo fare Y, entriamo nel vivo”, rispetto a “tutto male, guai”.
  • Il racconto realistico aiuta a mobilitare — non lo scoraggiamento.

Non significa che si sia già arrivati

Certo: ci sono ancora enormi margini di miglioramento. Quel 15% del potenziale dimostra che siamo all’inizio. Le barriere restano: investimenti insufficienti, alcune imprese lente, consumatori che non sempre cambiano abitudini.

Ma questo è il punto: non è necessario essere perfetti; è necessario avanzare.

Embed from Getty Images
Tag:

Iscriviti alla newsletter

Ogni domenica una raccolta di spunti e approfondimenti sul mondo dell'innovazione, del marketing e della sostenibilità, direttamente nella tua casella email.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *