Why Do It?

Nel settembre 2025, Nike presenta una svolta audace: al posto del suo storico imperativo “Just Do It” lancia una provocazione — “Why Do It?” — che sembra quasi chiedere permesso prima ancora di incitare all’azione. 

Non si tratta di un semplice restyling del payoff, ma di un ripensamento del modo in cui un brand iconico si relaziona con una generazione che non segue più comandi, ma cerca senso. “Why Do It?” invita i giovani (e in particolare la Gen Z) a interrogarsi: perché valga la pena impegnarsi, iniziare, rischiare. È un messaggio che riconosce inquietudini — la paura di fallire, la pressione della perfezione, il giudizio sociale — prima di esortarli all’azione. 

Nel video centrale (narrato da Tyler, The Creator), atleti globali — LeBron James, Carlos Alcaraz, Caitlin Clark, Rayssa Leal, Vini Jr., Qinwen Zheng — sono mostrati non nel momento della vittoria, ma nel bivio, nello sforzo, nella scelta di continuare nonostante il dubbio.  Alla fine, compare il solito “Just Do It”, quasi come un’eredità che viene consegnata, non imposta. 


Il contesto: perché Nike ha scelto di evolvere

Negli ultimi anni, molte aziende globali hanno compreso che la sola forza di un brand non basta: serve una conversazione autentica con le nuove generazioni. Nike stessa ammette: “Just Do It non è solo uno slogan — è uno spirito che vibra in ogni battito del sport” — ma riconosce che quel linguaggio va reinterpretato per essere rilevante oggi. 

Le ragioni strategiche dietro questa mossa sono molteplici:

  • Gen Z e l’era della riflessione. Questa generazione è abituata a interrogarsi, ad analizzare ogni messaggio, a interrogare il purpose di ogni brand. Un semplice imperativo (fai, agisci) può oggi suonare disconnesso. “Why Do It?” entra nel dialogo anziché imporlo. 
  • La fragilità della fiducia. In un’epoca di crisi globali, instabilità economica, disillusione, anche i più motivati possono dubitare delle proprie energie. Nike sceglie di partire da quel punto. 
  • Il bilanciamento tra heritage e innovazione. “Why Do It?” non cancella “Just Do It”: lo reinterpreta e lo consegna come eredità da conquistare. In questo modo Nike protegge il suo patrimonio simbolico, ma ne amplia la valenza. 
  • Sfida ai linguaggi “cringe”. Fast Company evidenzia come Nike voglia evitare che la sua ispirazione risulti stucchevole, retorica o “cringe” agli occhi dei giovani. Il nuovo messaggio, con la sua introspezione, può risultare più credibile. 

Certo, non mancano i rischi: alcune voci esperte avvertono che giocare con uno degli asset più riconosciuti nella storia del marketing può scardinare parte della forza simbolica di “Just Do It”.  Ma Nike pare aver accettato quel rischio come parte del gioco culturale.


L’evoluzione del marketing attraverso “Why Do It?”

Questo lancio ci offre spunti preziosi su come sta evolvendo il ruolo del brand nel dialogo con i giovani. Ecco alcune lezioni chiave:

LezioneDescrizioneImplicazione per altri brand
Da “imperativo” a “domanda”Il brand non detta, ma invita.I messaggi autoritari tendono a rimbalzare; oggi conviene stimolare la curiosità.
Autenticità e vulnerabilitàMostrare il dubbio è parte del messaggio.La perfezione non convince più: le crepe (ben gestite) rendono umani.
Partecipazione simbolica“Why Do It?” rende ogni giovane potenziale protagonista del racconto.Non basta comunicare a un pubblico; bisogna che quel pubblico si senta parte del racconto.
Heritage reinterpretatoIl passato non va scartato, ma riattivato per nutrire il presente.Le radici danno credibilità, ma vanno ripensate per non diventare fossilizzate.
Contenuto multipiattaforma coerenteIl messaggio vive su social, cinema, sport live, streaming. La coerenza narrativa trasversale è essenziale in un’era cross-mediale.
Tensione intenzionaleIl dubbio è strumento narrativo, non debolezza.Una campagna che non teme di interrogarsi crea più dibattito, visibilità e partecipazione.

Criticità e sfide

Non tutto è scontato, e ci sono elementi da tenere d’occhio:

  1. Rischio di ambiguità “Why Do It?” potrebbe essere interpretato come indecisione o ignavia del brand di dare una direzione. La campagna deve reggere il salto dalla domanda all’esortazione concreta.
  2. Alienazione dei fedelissimi Chi ha amato “Just Do It” per decenni potrebbe percepire il cambio come un cedimento. Nike dovrà assicurare che l’anima è la stessa.
  3. Esecuzione locale vs globale Il messaggio dev’essere adattato alle culture locali senza perdere forza — una domanda che suona potente in alcuni contesti può risultare debole in altri.
  4. Misurazione dell’impatto emotivo Il successo sarà in gran parte valutato non dal volume di vendite immediate, ma da metriche qualitative (engagement, sentiment, risonanza culturale).

Un passo verso il marketing del futuro

Il passaggio da “Just Do It” a “Why Do It?” segna un momento simbolico: non semplicemente un refresh di slogan, ma un’evoluzione del modo in cui un brand globale parla con le nuove generazioni. Nike assume che oggi non basta spingere all’azione: bisogna costruire un ponte fra il desiderio e il senso.

In un mondo in cui i giovani sono iper-esposti, esigenti e sospettosi delle narrazioni preconfezionate, un brand che osa chiedere “perché?” ha la chance di diventare più che un’icona: un catalizzatore di storie autentiche.

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