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ESG: cambia il calendario, non la direzione


La sostenibilità non è più una scelta, ma una responsabilità — e sempre più spesso, un obbligo normativo. La Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) è il cuore pulsante di questa trasformazione in Europa. Con essa, migliaia di aziende europee (e non solo) sono chiamate a rendicontare i propri impatti ambientali, sociali e di governance in modo trasparente, standardizzato e accessibile.

E proprio in questi giorni è arrivata una decisione chiave: le imprese avranno due anni in più per recepire gli standard settoriali specifici (ESRS), spostando la scadenza dal 2024 al 30 giugno 2026. Una proroga attesa, che concede più tempo per adeguarsi a una rivoluzione che richiede competenze, risorse e, soprattutto, una visione chiara del proprio impatto.

Non un via libera alla lentezza

Attenzione però: la proroga non significa sospensione.

Le imprese dovranno comunque redigere il bilancio di sostenibilità già a partire dal 2024, applicando i 12 standard generali ESRS pubblicati da EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group).

In pratica, l’Europa offre una boccata d’aria alle imprese, ma non rinuncia all’obiettivo finale: rendere il tessuto produttivo più responsabile e trasparente. Un segnale che premia chi si sta già muovendo e offre margine di manovra a chi è ancora fermo al palo.

Perché tutto questo è importante?

  • Perché la rendicontazione non è burocrazia, ma uno strumento strategico per costruire fiducia, attrarre investimenti e differenziarsi sul mercato.
  • Perché il principio della doppia materialità cambia il paradigma: non basta sapere quanto l’ambiente impatta sull’azienda; bisogna anche rendere conto di quanto l’azienda impatta sull’ambiente e sulla società.
  • Perché si parla di quasi 49.000 imprese coinvolte in Europa, di cui circa 4.000 solo in Italia: la portata della trasformazione è sistemica.

Chi coglie l’opportunità, guadagna vantaggio competitivo

Questa proroga può e deve essere vista come un’opportunità. Per costruire team interni dedicati alla sostenibilità, per integrare strumenti di misurazione e reporting più avanzati, per ripensare processi e filiere alla luce dei nuovi criteri ESG.

Chi aspetta, invece, rischia di trovarsi spiazzato in un contesto che, dal 2026 in poi, non accetterà più impreparazione.


Si tratta di una pausa utile. Ma non è il momento di fermarsi. È il momento di strutturare, capire e investire.

Perché la sostenibilità non è un trend. È la nuova normalità.

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