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Veo 3: opportunità o rischio?

Stiamo entrando in una nuova era della comunicazione. Non è solo un’evoluzione tecnologica, è un vero cambio di paradigma: parlare, mostrare, raccontare non significa più produrre, girare, scrivere. Con Veo 3, il nuovo motore di intelligenza artificiale presentato da Google, è sufficiente un’idea, una frase, un’immagine. Il resto lo fa l’algoritmo. Ed è qui che, senza troppo clamore, si sta ridisegnando il modo in cui le piccole e medie imprese comunicheranno, si promuoveranno, racconteranno sé stesse.

Veo 3 è un modello di AI generativa specializzato nella creazione di video realistici e coerenti a partire da prompt testuali o visivi. Basta digitare “un artigiano che lavora il legno in una bottega al tramonto” e Veo genera una clip fedele all’immaginario, con luci calde, ambientazione autentica e perfino suoni ambientali coerenti. È una magia narrativa e produttiva che, fino a ieri, richiedeva troupe, budget, location. Oggi no. Oggi basta l’idea.

Per le PMI, questo significa una cosa enorme: democratizzazione della creatività audiovisiva. Fino a oggi, l’accesso a contenuti video di qualità era appannaggio delle grandi aziende. Oggi, invece, anche un piccolo brand locale può raccontarsi con la stessa forza visiva di una multinazionale. Spot promozionali, video emozionali, contenuti per TikTok, reel per Instagram, brevi animazioni di prodotto: tutto è realizzabile in pochi minuti e con costi irrisori. È la rivoluzione silenziosa del marketing.

Ma c’è di più. Perché Veo 3 non è solo uno strumento di produzione: è anche un alleato strategico. Grazie alla sua integrazione con Vertex AI e le altre tecnologie Google, può essere guidato, integrato e automatizzato all’interno dei flussi aziendali. Immagina un e-commerce che genera video personalizzati per ogni cliente sulla base del suo comportamento d’acquisto. Oppure una PMI che crea storytelling dinamico per ogni prodotto in catalogo. È l’avvento di una comunicazione massimamente personalizzata e infinitamente scalabile.

Tuttavia, ogni potere porta con sé una responsabilità. Ed è qui che si apre una riflessione che le PMI non possono più evitare. La stessa tecnologia che permette di generare un video utile o educativo, può essere utilizzata per costruire un messaggio fuorviante. Veo 3 è in grado di produrre contenuti estremamente realistici, tanto da sfiorare la soglia del deepfake. E benché Google abbia inserito watermark invisibili e meccanismi di sicurezza per limitare l’abuso, il rischio esiste. I contenuti generati da IA, se non dichiarati o se manipolati, possono alterare la percezione della realtà, influenzare scelte, travisare identità. Per questo è fondamentale che le PMI adottino una postura etica e trasparente nell’uso di queste tecnologie.

La posta in gioco, in fondo, è la fiducia. La comunicazione d’impresa si basa su una promessa implicita: “ti racconto chi sono, nel modo più autentico possibile”. E se questa promessa viene tradita, anche solo una volta, il danno può essere devastante. Per questo, l’adozione di Veo 3 e strumenti simili deve essere accompagnata da una nuova cultura della comunicazione: meno centrata sulla performance, più attenta alla verità.

C’è poi un altro aspetto cruciale, che spesso sfugge: la tentazione dell’automazione totale. Quando si entra in contatto con strumenti come Veo, è facile pensare che “la macchina possa fare tutto da sola”. Ma la comunicazione non è solo forma: è anche visione, empatia, contesto. Nessuna intelligenza artificiale – per quanto avanzata – potrà mai sostituire la capacità umana di capire davvero cosa voglia dire “comunicare bene”. L’uso di Veo 3 deve dunque essere guidato, ispirato e supervisionato da persone reali, capaci di leggere i codici della contemporaneità e interpretare il sentimento del proprio pubblico.

Veo 3 non è solo un nuovo strumento di marketing: è un detonatore culturale. Cambierà le aspettative del pubblico, il ritmo della comunicazione, il modo in cui le aziende vengono percepite. Le PMI hanno davanti a sé un bivio: usare questa tecnologia per amplificare la propria voce autentica, oppure per rincorrere una narrazione sintetica, omologata, magari efficace ma priva di anima. La scelta, oggi più che mai, è profondamente strategica.

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