Amazon ha annunciato un maxi-licenziamento che coinvolgerà fino a 30.000 dipendenti corporate, rendendo questo il più grande taglio occupazionale nella storia dell’azienda. Le prime lettere di licenziamento vengono inviate già da fine ottobre 2025 e una seconda ondata è prevista dopo le festività natalizie.
Motivazioni dei licenziamenti
Secondo le fonti interne, Amazon sta attuando questa riduzione del personale per correggere le assunzioni eccessive effettuate durante la pandemia, quando la domanda per gli acquisti online era ai massimi storici. Inoltre, l’azienda sta accelerando la sostituzione di una parte rilevante della forza lavoro con soluzioni automatizzate, intelligenza artificiale e robotica, puntando a ridurre costi operativi e aumentare efficienza.
Embed from Getty ImagesJeff Bezos, fondatore e presidente esecutivo di Amazon, all’Italian Tech Week 2025
Reparti coinvolti
La prima ondata colpisce principalmente gli uffici: risorse umane, marketing, pubblicità, gestione interna e reparti corporate. In seguito, i tagli potrebbero estendersi anche al personale dei magazzini, soprattutto con l’avvento di robot tattile e sistemi di movimentazione automatizzati.
Prospettive future
Amazon non ha escluso ulteriori tagli: secondo Reuters, si parla di una possibile riduzione di 160.000 posti entro il 2027, man mano che l’azienda sostituirà i lavoratori umani con l’automazione. Nel breve periodo, in parallelo ai licenziamenti, Amazon continuerà ad assumere personale stagionale per gestire il picco delle festività, ma il trend segnalato è chiaramente orientato verso una struttura più snella e automatizzata.
Impatto globale
La decisione si inserisce in un contesto di tagli diffusi in tutto il settore tech, con altre Big Tech come Meta, Microsoft e Google che hanno attuato strategie simili post-pandemia, spinti dalla necessità di recuperare profitti e investire su nuove tecnologie.
Embed from Getty ImagesRiflessione: L’innovazione giustifica davvero tutto?
Il caso Amazon solleva una domanda sempre più urgente: fino a che punto l’innovazione può essere considerata un fine che giustifica qualsiasi mezzo?
Dietro la retorica del progresso tecnologico, le Big Tech sembrano spesso muoversi secondo una logica univoca — quella del profitto e dell’efficienza — anche a costo di sacrificare il capitale umano. L’automazione promette produttività e precisione, ma comporta anche una crescente disuguaglianza e una perdita di valore del lavoro umano.
Il rischio è che la tecnologia, invece di liberare le persone, finisca per escluderle. E se l’innovazione smette di servire l’uomo per diventare strumento di esclusione, forse non stiamo più parlando di progresso, ma di un nuovo tipo di autoritarismo economico: quello di chi costruisce il futuro e, nel frattempo, decide chi non è destinato a farne parte.






