Esiste una correlazione curiosa tra l’inflazione, che dopo cioccolato e caffè sta colpendo in maniera evidente il gelato, e la produzione di biocarburanti.
Nel 2024, l’olio di cocco copre appena il 2% del mercato globale degli oli commestibili. Eppure, la sua scarsità sta incidendo sulle nostre estati, spingendo al rialzo il prezzo del gelato, simbolo universale di piacere accessibile.
Il motivo? Non c’entra il food, ma il fuel: nelle Filippine e in Papua Nuova Guinea, miliardi di noci di cocco stanno venendo dirottate verso la produzione di biocarburanti, per rispettare ambiziosi piani di miscelazione nel diesel. Una noce alla volta, il gelato diventa un lusso.
È il paradosso di un mondo che insegue la transizione ecologica senza sempre considerare gli effetti secondari. L’aumento del prezzo del gelato non è solo una questione economica: è il sintomo di un ecosistema globale in cui ogni scelta “green” ha impatti trasversali e spesso inaspettati.
Bisogna tenere gli occhi aperti: la sostenibilità non è mai neutra. Cambia le filiere, i consumi, i comportamenti. Può trasformare un dessert in un caso di studio.
E allora, la prossima volta che spenderemo 4 euro per una pallina di gelato, sapremo che sta alimentando non solo la nostra voglia d’estate, ma anche un serbatoio a migliaia di chilometri di distanza.
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