La Germania si sta riarmando. Questo è ormai un fatto. Ma ciò che più colpisce non è solo la dimensione del piano ReArm – 100 miliardi di euro stanziati per potenziare la Bundeswehr – bensì il modo in cui questa nuova militarizzazione sta avvenendo: attraverso una sinergia sempre più opaca tra industria bellica, capitale finanziario e potere politico. È il ritorno del guglielminismo in chiave neoliberale.
Vi abbiamo parlato, un paio di settimane fa, del paradosso quasi grottesco di una sostenibilità allineata all’industria di guerra, con criteri ESG che si allineano alle nuove tendenze strategiche. Le necessità geopolitiche delle grandi potenze mutano nel tempo, e con esse anche tutti i buoni propositi che i governi, le istituzioni e i gruppi di interesse promuovono con costanza, impegno e sacrifici.
Nel tardo Ottocento, sotto il Kaiser Guglielmo II, la Germania si lanciava in un’accelerazione militare che avrebbe gettato le basi per i futuri disastri del Novecento. Oggi, il meccanismo è più sofisticato ma altrettanto inquietante: al posto della propaganda imperiale, ci sono le conferenze stampa sobrie. Al posto della leva, il capitale privato. Al posto delle caserme, le sale di controllo di BlackRock, Vanguard, DWS.
Secondo quanto emerge da nuovi dati analizzati da Facing Finance e Valori.it, non solo il riarmo è finanziato con fondi pubblici, ma gli strumenti finanziari che veicolano queste risorse sono sempre più gestiti da grandi attori della finanza globale. I risparmi dei cittadini tedeschi – e non solo – vengono indirizzati verso fondi pensione, ETF e piani d’investimento che sostengono attivamente l’industria bellica, spesso senza che i sottoscrittori ne siano consapevoli. I fondi ESG, che dovrebbero evitare investimenti in settori eticamente controversi, contengono quote di Rheinmetall o Airbus Defence in totale discrepanza con la logica valoriale e nobile della sostenibilità.
L’intreccio è ormai evidente: la spesa militare pubblica fa lievitare il valore delle azioni belliche, i fondi speculano su queste crescite, gli Stati garantiscono la domanda. È un circuito chiuso, autoreferenziale, che arricchisce pochi soggetti finanziari e sottrae sovranità decisionale al pubblico. Il tutto legittimato dal mantra della “sicurezza”.
Questa forma di militarismo finanziario avanza senza opposizione. Nessun dibattito parlamentare ha discusso a fondo il piano ReArm. Nessun grande media ne mette in discussione la logica. E mentre l’Europa arranca nel finanziare il welfare, la transizione energetica e l’istruzione, si scopre che i soldi ci sono: ma per chi costruisce droni, missili e software da guerra.
ReArm è il volto moderno di un progetto antico: dominare l’Europa non solo con l’economia, ma anche con l’influenza strategica e industriale. Berlino, forte della sua reputazione di moderazione, si muove sotto traccia. Ma sta delineando un nuovo ordine continentale, in cui il capitale bellico si fonde con quello finanziario. Un guglielminismo in giacca e cravatta, sostenuto dalla potenza dei fondi e dal silenzio delle democrazie.